Sunday, January 30, 2011

Mille anime in un corpo

Stamani stavo facendo colazione in un bar del centro di Roma, godendomi la lettura del libro "Il lupo della steppa" e la musica che si sentiva in sottofondo. Ho avuto una specie di liberazione, una incredibile sensazione in cui la mia anima si sentiva viziata da tutte le cose che mi circondavano e completamente grata delle bellissime cose che mi poteva transmettere, ed io, come se fossi separata dalla mia anima, accoglievo tutti quei sentimenti puri con tanta avidità. Penso che non esista un modo migliore per descrivervi come mi sentivo, sennò allegandovi proprio i pezzi di musica e testo che mi hanno provocato questo stato di pura gioia. Provate a leggere il testo ascoltando la canzone che io stesso ascoltavo in quel momento, dalla radio che si sentiva nel bar. (Meglio senza guardare il video...)

"I santi: ecco i veri uomini, i fratelli minori del Redentore. Verso di loro camminiamo per tutta la vita, con ogni buona azione, con ogni pensiero coraggioso, con ogni affetto. La comunione dei santi fu rappresentata in altri tempi dai pittori entro un cielo dorato, radioso e sereno; non è se non ciò che poco fa ho chiamato "eternità". E' il regno al di là del tempo e della parvenza. Quello è il luogo nostro, quella la nostra patria, là tende il nostro cuore, caro lupo della steppa, e perciò abbiamo il desiderio di morire. (...) Ci sono molti santi che furono prima gran peccatori, anche il peccato può essere una via verso la santità, anche il peccato e il vizio. (...) Pensa, Harry, attraverso quante porcherie e scempiaggini dobbiamo passare per arrivare a casa! E non abbiamo nessuno che ci guidi, unica nostra guida è la nostalgia."
Aveva pronunciato queste ultime parole a voce bassissima e ora si fece silenzio nella stanza; il sole stava per tramontare e faceva brillare le impressioni dorate sul dorso dei miei libri. Presi fra le mani la testa di Erminia, la baciai sulla fronte e premetti la guancia contro la sua, fraternamente, e così restammo alcuni istanti. Avrei voluto rimanere così e non uscire. Ma per  quella notte, l'ultima prima del grande ballo, avevo un appuntamento con Maria. 
Recandomi da lei non pensavo però affatto a Maria, ma soltanto alle parole di Erminia. Quelli non erano forse pensieri suoi, ma miei, e lei, chiaroveggente com'era, li aveva decifrati e respirati e me li ridava in forma nuova e viva. In quei momenti le ero particolarmente grato di aver formulato il pensiero dell'eternità. Ne avevo bisogno, senza di esso non potevo vivere, non potevo morire. L'amica, la mia maestra di danze, mi aveva dunque ridato l'al di là, il mondo sacro e senza tempo; il mondo del valore perpetuo, della divina sostanza. (Hermann Hesse, "Il lupo della steppa").


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